lunedì 19 luglio 2010

Lo sbarco impossibile sulla luna

Venerdì 18 luglio 1969 terminava il semestre estivo dell’ETH di Zurigo. Festa grande. Era andato tutto bene. Tempo di vacanze. Non ricordo il motivo ma arrivai a Bergamo nella casa dei miei genitori solo la mattina di domenica 20. Partimmo quasi subito verso l’isola d’Elba dove dovevamo trascorrere tre settimane di splendide vacanze. L’Apollo 11 era in viaggio da molte ore e lo seguivamo con i notiziari della radio. Arrivammo a Procchio verso sera e rimanemmo inchiodati davanti al televisore fino alle 22,17 stappando una bottiglia di ottimo Cartizze al momento dell’allunaggio. Mio padre, membro da anni della società italiana razzi, aveva previsto che i russi sarebbero arrivati prima degli americani perché avevano scelto una “strategia migliore”. Non aveva previsto la massiccia dose di fortuna che assisteva gli americani in quegli anni ed era comunque entusiasta del loro successo.

Oggi io sono convinto che andare sulla luna (e ritornare), con le tecnologie disponibili nel 1969, era impossibile sia per i russi che per gli americani. Gli americani non lo sapevano e, come il celebre calabrone che vola perché non sa che pesa troppo e ha le ali troppo piccole, sono andati sulla luna ugualmente (sei volte) e sono ritornati, sfiorando il disastro in diverse occasioni con una serenità e un’incoscienza meravigliose.

Il razzo Apollo era troppo grande e troppo pesante per poter essere guidato e mantenuto eretto nelle prime fasi, quando la velocità è bassissima. Mio padre aveva perfettamente ragione e me lo dimostrava spingendo da dietro sul tavolo, con un dito, una matita. Quella si muoveva in modo sinuoso e irregolare.

- Prova ad immaginare quel mostro enorme, pesantissimo, altissimo, mi diceva. Per parecchi secondi viaggia ad una velocità inferiore a quella di una bicicletta mentre una spinta mostruosa, dal basso, lo accelera fino alla velocità che gli permetterà di vincere la forza d’attrazione della terra. Siamo seri, è impossibile superare quella prima fase senza incidenti. -

Più o meno alle dieci e mezza papà e mamma si addormentarono ed io, anche se stanchissimo, riuscii a resistere fino alle 4,57 di lunedì 21 quando il buon Armstrong posò il piede sulla luna. Svegliai il mio vecchio genitor per permettergli di assistere allo storico momento. Ricordo bene lo schermo arrotondato del televisore Philco e il battibecco in diretta fra Tito Stagno e Ruggero Orlando. Ricordo anche che il Cartizze bevuto in quelle sei ore era troppo. Crollai miseramente. Son cose, ça va sans dire.

Il bellissimo "Luna? Sì, ci siamo andati" mi aiuta a ricordare e ringrazio Paolo Attivissimo per averlo scritto.

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